Non sono stata subito in grado di
comporre un giudizio completo su questo libro e onestamente anche ora mi rimane
un po’ difficile mettere insieme i pezzi. Il libro mi è piaciuto e sono rimasta
colpita dalla scorrevolezza del testo. Lo stile di Foer è particolare, le
conversazioni sono asciutte e dirette,
le frasi concise ed essenziali,raramente ho incontrato periodi lunghi e molto
articolati, i sentimenti che mette in moto sono intensi ma allo stesso tempo
confusi e disordinati tanto che non riesco a trasporli in parole. Ho apprezzato
anche la scelta grafica fatta dall’autore, l’interposizione di immagini durante
la lettura si è rivelata a mio avviso efficace. Ammetto che all’inizio trovavo
le fotografie inutili, un sovrappiù vagamente fastidioso che interrompeva la
narrazione, ma pian piano sono arrivata a giudicarle piacevoli e utili
nell’arricchire l’esperienza letteraria, perché in alcuni casi le immagini
fissano i concetti e smuovono i sentimenti forse ancor più potentemente delle
sole parole.
Oskar è un bambino particolare,
senza dubbio al disopra della media per intelligenza e acume, forse anche un
po’ troppo, che cerca di elaborare la morte del padre avvenuta durante il
crollo delle torri gemelle. Il suo dolore e la sua ricerca si intrecciano con
quelli di sua nonna sopravvissuta al bombardamento di Dresda e abbandonata dal
marito prima della nascita del figlio, e del nonno stesso sconosciuto,il quale
non è mai riuscito a dimenticare il primo amore strappatogli via dalla guerra,
e per tale motivo costretto a una vita che più che altro si traduce in non
essere.
Tutti questi dolori si
intrecciano e vicendevolmente le parole dei protagonisti si alternano nel corso
della narrazione cercando di spiegare le proprie ragioni e come la sofferenza
abbia irrimediabilmente influenzato le proprie vite. Questo tipo di narrazione
spiazza un po’ il lettore che ogni volta deve cambiare punto di vista, e quindi
confesso che l’interruzione ripetuta delle storie dei protagonisti iniziate, abbandonate,poi
riprese poi di nuovo abbandonate mi ha dato leggermente fastidio impedendomi forse
di immergermi completamente nelle loro vicende e di provare quel forte
coinvolgimento ed empatia che invece sono riuscita a raggiungere solo in brevi
passaggi.
confusione che mi ha lasciato addosso, ma forse anche questo può essere considerato un pregio, perché in fondo è facile trattare di certi argomenti come la perdita, il lutto, l’abbandono, la speranza di un nuovo inizio che non riesce mai veramente a prender forma, in maniera netta, il difficile è mischiare tutti questi sentimenti gli uni con gli altri in modo che l’inizio di uno corrisponda alla fine di un altro e rivestirli di una sottile vena di ironia.
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