Il Quartiere - Vasco Pratolini


IL QUARTIERE


Devo ammettere che quando ho iniziato a leggere questo libro non avevo grandi aspettative e sono stata scoraggiata dalle prime pagine che non mi hanno coinvolto particolarmente e invogliato a continuare la lettura, andando avanti però mi sono dovuta ricredere e pian piano ho imparato a conoscere e a capire, parola dopo parola i personaggi che popolano questo libro, ragazzi comuni che stanno diventando adulti insieme. A far da sfondo alle loro vicissitudini c’è il quartiere di Santa Croce a Firenze , un luogo familiare, popolato da facce amiche e le cui mura custodiscono tutte le speranze di questi ragazzi, i loro sogni, le loro vite fatte di piccole gioie,affetti, piaceri semplici e sentimenti veri e profondi.
A narrare la storia è Valerio che mi è sembrato però quasi disinteressato e distaccato da ciò che racconta, almeno nella prima parte del libro, egli non sembra avere una personalità forte, anzi viene spesso trascinato dagli eventi e prende raramente posizione, è un ragazzo vanesio come il padre stesso lo ha definito nel corso del romanzo, si rivela anche poco sincero e coinvolto nel rapporto che ha con Marisa, dopo essersi lasciato alle spalle l’infatuazione adolescenziale che ha avuto per Luciana, ma che poi la consuetudine ha spento e trasformato in semplice amicizia. Valerio calpesta i sentimenti di Marisa e la usa meramente per soddisfare il proprio piacere senza mai aprirsi nei suoi confronti e rivelare i suoi veri sentimenti, solo sul finire del libro sembra prendere coscienza dei suoi errori e della sua superficialità dopo essere maturato in seguito alla guerra e alla perdita del suo vero amore Olga, che lo aveva lasciato per seguire la madre a Milano.
Il vero leader che riesce a tenere unito il gruppo di amici è Giorgio, presentato come un ragazzo saggio, maturo, consapevole delle proprie azioni e prese di posizioni ma anche della realtà che lo circonda, egli è sempre pronto al dialogo e al confronto e cerca di tirar fuori il meglio da ognuno dei suoi compagni. Giorgio è guidato da forti valori e ideali, Carlo invece sembra maligno astioso e violento, ma ben presto capiamo come la sua natura sia stata influenzata e funestata dalla perdita del padre e dalla vita disgraziata della madre, e così per sfuggire ai suoi fantasmi interiori abbraccia con fervore gli ideali e le motivazioni costruite apposta per giustificare la guerra dalla propaganda dell’epoca. Poco prima di partire come volontario si confida con Valerio di come sia riuscito con il tempo e con i consigli di Giorgio a piegare la sua brutta natura e a liberarsi dalle sue ossessioni questo suo miglioramento è dovuto molto anche al chiarimento del suo rapporto con Marisa, che scopre essere la sola donna che possa mai amare, dopo la loro riconciliazione e fidanzamento Carlo va in guerra dove trova la morte pochi giorni prima della fine del conflitto per le ferite riportate in battaglia, la sua ultima volontà è quella di sposare Marisa per procura. Tra tutte l’esistenza più travagliata e sventurata è quella di Gino il cui peccato capitale è l’invidia che lo possiede e condiziona per tutta la vita, come lui stesso ammette in una toccante lettera che scrive a Giorgio, a mio parere questo è stato il momento più emozionante del libro, infatti Gino ripercorre la sua intera vita cercando di dare un perché alle sue cattive azioni, dapprima invidia la sorella per le attenzioni che le riconoscono entrambe i genitori, mentre lui viene trattato con disprezzo e picchiato dal padre, poi invidia i suoi amici che vivono con spensieratezza gli anni della loro infanzia e adolescenza mentre lui sempre chiuso in se stesso e vittima della sua natura sospettosa e diffidente non riesce mai a dare un apporto significativo alla compagnia conscio di mancare in qualcosa rispetto a gli altri di essere imperfetto e diverso, diversità che prova anche nei confronti dei suoi compagni di ginnasio, più diligenti o ricchi di lui che invidia con tutto se stesso e che cerca di avvicinare anche abbassandosi a compiere vili servizi per loro, ma vanamente. Gino intravede la felicità diventando il giovane amante di un ricco uomo che soddisfa tutti i suoi capricci pagandolo e introducendolo in un mondo fatto di vizi e malizia, ma anche lui diviene oggetto della sua invidia, Gino infatti brama tutto ciò che non possiede, e il suo crescente desiderio di denaro che l’uomo si rifiuta di assecondare lo porta al definitivo tracollo, in uno scatto d’ira uccide il suo amante e si impossessa dei suoi beni e della sua identità fino a quando non viene arrestato e incarcerato dove muore suicida. Gli altri personaggi di quest’opera sono figure defilate, i cui tratti psicologici sono appena accennati e le cui vicende vengono solo riportate in maniera sommaria.
Alla fine posso dire che questo romanzo mi ha regalato delle emozioni, anche se non penso di annoverarlo tra i miei libri preferiti, infatti in alcuni tratti ho trovato lo stile di scrittura di Pratolini un po’ troppo articolato e ricercato per i miei gusti, di certo non si può dire che il suo linguaggio sia semplice e immediato, anzi per comprendere il senso di alcune frasi ho dovute rileggerle più volte, come ho già detto nella prima parte mi è sembrato che la vicenda procedesse un po’ a fatica, sensazione che si è poi attenuata con l’andare avanti delle pagine diciamo che ho apprezzato maggiormente la seconda metà del volume, comunque lo consiglio a tutti, quanto meno per farsi un’idea della vecchia vita di quartiere, i cui abitanti provavano un forte senso di appartenenza e attaccamento al luogo di origine e alle persone che lo abitavano, sentimento che oggi è pressoché scomparso in favore del cosmopolitismo.

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